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NEWS

In questa sezione potrete trovare le ultime novità riguardanti gli aspetti naturalistici del nostro territorio e le nostre ricerche


Esemplare su Anacyclus radiatus radiatus nel sito di Tor Mastorta (foto di Emanuele Zacchei)


Nel 2017 Edoardo Pulvirenti, Francesco Cervoni e Leonardo Santoboni raccolsero una specie di coleottero buprestide che si rivelò essere nuova per il Lazio, ovvero Anthaxia lucens.

Questo insetto è stato rinvenuto nel Parco Regionale Naturale Archeologico dell’Inviolata in località Tor Mastorta, successivamente anche in località Quarto di Tor Mastorta (sempre nel Comune di Guidonia Montecelio) e a Segni (segnalazione su Forum Natura Mediterraneo), questi costituiscono tre nuovi siti per questa specie nel Lazio, per la quale si avevano solo dati storici di due esemplari raccolti a Ronciglione nel XIX secolo.

Molte specie di coleotteri della famiglia dei Buprestidi sono caratterizzati dall’avere colorazioni sgargianti, ciò gli ha valso il nome comune di “coleotteri gioiello”.

Le larve di Anthaxia lucens si sviluppano nei rami morti di mandorlo (Prunus dulcis), mentre gli adulti sono floricoli ovvero frequentano fiori e infiorescenze, come quelle delle Asteraceae come le margherite.

Il sito della Tenuta di Tor Mastorta (proprietà privata) è costituito da una stradina con ai lati alcuni alberi di mandorlo e piante di Anacyclus radiatus radiatus sulle cui infiorescenze si alimentano gli adulti di Anthaxia lucens, mentre quello posto in località Quarto di Tor Mastorta è situato all'interno di una piccola proprietà privata disseminata di alberi da frutto.

Il sito di Tor Mastorta rientra in parte nel Parco dell'Inviolata (per circa 375 m), mentre la località di Quarto di Tor Mastorta si trova a circa 2 km al di fuori di questo Parco Regionale, tuttavia entrambi ricadono all’interno del vincolo ministeriale del MiBACT (DM 16/2016) e della proposta di ampliamento del Parco (Proposta di Legge n. 245 del 5 ottobre 2020, VIII Commissione - Agricoltura, ambiente del Consiglio Regionale del Lazio).

I dati riportati nell’articolo pubblicato su Biodiversity Journal chiarificano la presenza di Anthaxia lucens nel Parco dell'Inviolata e nella Provincia di Roma, confermandone la presenza nel Lazio dopo più di un secolo di assenza dati.

Gli autori sono fortemente favorevoli alla proposta di ampliamento del Parco dell'Inviolata in quanto il nuovo perimetro comprenderebbe integralmente i siti di Tor Mastorta e Quarto di Tor Mastorta, dove sono presenti questa e altre specie interessanti, dando loro una migliore protezione e salvaguardia.

A questo link potete scaricare l’articolo completo: http://www.biodiversityjournal.com/pdf/12(2)_313-318.pdf


Esemplare raccolto in località Quarto di Tor Mastorta, fotografato con la tecnica del focus-stacking (foto di E. Pulvirenti)

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Lo scorso Halloween 2020 ANVA ha preso la palla al balzo e deciso di parlarvi, tramite post su Facebook e su Instagram, dei pipistrelli. Questi animali sono vittime di molte credenze popolari che hanno fatto guadagnar loro un'immeritata cattiva reputazione. Qui di seguito si riassumono tutte le informazioni che sono state riportate nei post della passata “Bat Week”.


Malgrado vengano spesso assimilati a dei “topi volanti” in realtà non hanno niente a che vedere con quest’ultimi, infatti appartengono a un ordine a sé stante, i Chirotteri, costituito da più di 1200 specie note in tutto il mondo, corrispondenti al 20% di tutti i Mammiferi viventi.

Pensate che sono gli unici Mammiferi in grado di volare e, insieme a Uccelli e Pterosauri, costituiscono gli unici gruppi di Vertebrati che nel corso della storia evolutiva hanno conquistato il volo!


Volare è solo uno dei superpoteri dei nostri amici pipistrelli, infatti, per orientarsi nell’oscurità della notte e delle cavità, ricorrono all’ecolocalizzazione a ultrasuoni, che gli permette di riconoscere e localizzare le prede e gli ostacoli ascoltando gli echi di ritorno dei suoni che emettono. I richiami di ecolocalizzazione sono caratteristici di ogni specie e, grazie ad apparecchi in grado di rilevarli come i bat detector, gli specialisti possono riconoscerli.

La volpe volante malese (Pteropus vampyrus) con i suoi 1,5 metri d’apertura alare è il pipistrello più grande al mondo, mentre il pipistrello calabrone (Craseonycteris thonglongyai), presente in Indocina, non solo è il chirottero più piccolo al mondo, ma, assieme al nostro mustiolo (Suncus etruscus), è anche il mammifero più piccolo al mondo: testa e corpo sono lunghi circa 30 mm, l’apertura alare è di 12 cm e pesa solo 2 grammi.

I Chirotteri ricoprono diversi ruoli negli ecosistemi: le specie presenti in Europa sono insettivore, ossia si nutrono di Insetti come falene, zanzare ed effimere; nel resto del mondo abbiamo pipistrelli carnivori (alcuni specializzati nella cattura di pesci), ematofagi (i famosi vampiri diffusi nel continente americano), nettarivori (che svolgono anche impollinazione) e frugivori (che svolgono anche disseminazione).

I pipistrelli sono minacciati dalla frammentazione degli habitat, dal traffico stradale, dalle turbine eoliche, dall’uso di pesticidi, dalla distruzione, dal disturbo dei loro rifugi e da altri fattori. Sono dunque degli ottimi indicatori per valutare la qualità dell’ambiente e la portata dell’impatto che abbiamo su di esso.

In Europa tutte le specie di Chirotteri sono protette ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat” e dall’Accordo EUROBATS del 1994. In Italia la prima legge sulla loro tutela risale al 1939.


Vengono riportate sul volume “Fauna d’Italia. Mammalia V” 39 specie di pipistrelli per l’Italia, appartenenti a 4 famiglie e 11 generi, di queste 23 sono state riscontrate nel Lazio e nella Provincia di Roma.

I nostri pipistrelli più bizzarri sono senza dubbio i rinolofi. Essi presentano un’appendice cutanea dalla morfologia complessa chiamata “foglia nasale”. Questa è anche uno dei caratteri distintivi delle varie specie. Caratteristica è la parte anteriore, chiamata “ferro di cavallo” per la sua forma, che ha valso uno dei nomi comuni di questi Chirotteri. Tra le specie presenti nel nord-est romano citiamo il rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrumequinum) e il rinolofo minore (Rhinolophus hipposideros), quest’ultimo ripreso nel video che abbiamo pubblicato su YouTube. Molto buffi sono anche gli orecchioni (Plecotus spp.), il cui nome suggerisce dei padiglioni auricolari molto sviluppati. Molto particolare è anche il molosso di Cestoni (Tadarida teniotis), l’unico pipistrello europeo che possiede gran parte della coda libera dalla membrana alare (chiamata patagio).


La maggior parte delle malattie emergenti zoonotiche si originano dalla fauna selvatica, come ci sottolinea la pandemia in corso. Quindi, il traffico internazionale di animali selvatici e la distruzione/frammentazione di habitat, oltre ad essere delle gravi minacce per la biodiversità, determinano rischi di spillover.

Spillover significa “salto di specie”, ovvero il momento in cui un patogeno viene trasmesso da una specie ad un’altra. I Chirotteri possono avere un ruolo cruciale nell’ecologia delle malattie di alcuni virus che potrebbero interessare anche l’uomo, fungendo da ospiti di mantenimento e da serbatoi/amplificatori di patogeni. (Per approfondire segui il video del seminario inglese ZSL Science and Conservation "Habitat loss and human health - understanding the links between ecosystem degradation and infectious disease outbreaks").



Alcune di queste malattie sono causate da virus zoonosici appartenenti alle famiglie Filoviridae (malattia da virus Ebola e febbre emorragica di Marburg), Rhabdoviridae (rabbia), Coronaviridae (SARS, MERS e COVID-19) e Paramyxoviridae (Infezione da Nipah virus e da Hedra Virus [Morbillivirus equino]).

Come appena menzionato, diversi Chirotteri sono ospiti di alcuni membri della famiglia dei Coronavirus. Tuttavia, il SARS-CoV-2 sembra essere arrivato a infettare l’uomo attraverso il “flusso pipistrello-ospite intermedio (attualmente sconosciuto)-uomo”, mediato da mutazioni e dalla vicinanza di specie provenienti da diverse nicchie ecologiche.

Quindi, la prossimità di Chirotteri all’uomo, come ad esempio quella che si realizza in presenza di colonie in aree abitate nel nostro continente, non sembra porre rischi di trasmissione diretta di SARS-CoV-2. Si ricorda inoltre, come citato in precedenza, che i pipistrelli italiani si nutrono di Insetti nocivi alla salute umana, ai coltivi e ai boschi, pertanto la loro presenza in prossimità di aree abitate costituisce un elemento positivo e non deve causare in alcun modo preoccupazione.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a guardare questo documentario andato in onda su Superquark, già condiviso sulla nostra pagina FB, che ci spiega la correlazione tra pipistrelli, il loro sistema immunitario e i virus.


La White-Nose Syndrome (WNS – letteralmente sindrome del naso bianco) è una malattia fungina emergente dei pipistrelli. Negli Stati Uniti centrali si è diffusa con una velocità allarmante, portando alla morte di milioni di pipistrelli insettivori.


Pipistrelli affetti da White-Nose Syndrome. Credit: Photo by USFWS (a sinistra); Nancy Heaslip, New York State Department of Environmental Conservation (a destra).


Questa dermatofitosi prende il nome dal sintomo tipico che il micete (Pseudogymnoascus destructans) provoca: una crescita fungina biancastra sulla pelle del muso, delle orecchie e delle ali dei pipistrelli ibernati. Il fungo prospera in condizioni fredde e umide, caratteristiche delle grotte e delle miniere utilizzate dai pipistrelli, e sembra aggredire questi animali durante il sensibile periodo del letargo, quando dovrebbero usare le loro riserve energetiche in maniera mirata e non per attivare il sistema immunitario.

Il fungo potrebbe essere nativo di Europa e Asia, dove il patogeno è presente ma non sembra provocare segni clinici gravi in chirotteri nativi come accade nel Nord America. Di recente in Italia il dermatofite è stato isolato da individui di vespertilio smarginato (Myotis emarginatus) provenienti dalle Alpi Occidentali.

Si ritiene che la WNS si trasmetta principalmente da pipistrello a pipistrello, ma esiste una forte possibilità che ci siano dei vettori. Sebbene non sia una malattia trasmissibile agli uomini, questi ultimi potrebbero fungere da carriers trasportando inconsapevolmente il patogeno da una grotta all'altra tramite abbigliamento e attrezzature. Si consiglia, come accade per altre malattie micotiche emergenti, di disinfettare con cura (candeggina [min.4%] o alcool etilico [min. 70%]) ogni potenziale fonte di trasmissione dopo escursioni speleologico-naturalistiche.


Attorno ai pipistrelli circolano miti e leggende, e come anticipato prima, queste creature sono vittime di false credenze che purtroppo sono ancora radicate nelle menti di molti. Sono però solo dicerie, senza alcun supporto scientifico. Ne sfateremo ora qualcuna che sicuramente avrete sentito nel corso della vostra vita.

Popolarissima è la credenza secondo la quale i pipistrelli sarebbero cechi, niente di più falso: i pipistrelli ci vedono benissimo, utilizzano la vista soprattutto quando hanno la preda a meno di 5-6 cm e devono catturarla.

Molti di noi sin da piccoli sono stati terrorizzati dall’idea che un pipistrello potesse volargli tra i capelli e rimanere lì invischiato irrimediabilmente, e, nel peggiore dei casi, avrebbe potuto da lì succhiargli il sangue. Niente di più falso, i pipistrelli da noi presenti sono molto più piccoli di noi, ci temono, cercano di evitarci e non si nutrono di sangue, e se anche per qualche strana circostanza finissero nei nostri capelli, saprebbero benissimo come andarsene da soli, senza invischiarsi. Questo mito nacque probabilmente per disincentivare i bambini e le bambine ad uscire di notte.

Infine circolano voci, anche queste del tutto prive di fondamento scientifico, sul potere depilante del sangue o dell’urina dei Chirotteri applicato alla pelle.

Nelle mitologie di tutto il mondo sono assai comuni creature antropofaghe, spesso non morte, che non esitano a nutrirsi di sangue umano. I più famosi al giorno d’oggi sono sicuramente i vampiri, che nella loro concezione odierna derivano soprattutto dal folklore slavo-medievale (la stessa parola “vampiro” ha origini slave). Nell’immaginario collettivo ai vampiri sono spesso accomunati i pipistrelli. I vampiri infatti vengono spesso raffigurati con un aspetto ibrido tra uomo e pipistrello. Essendo sia i pipistrelli che i vampiri creature notturne e con denti aguzzi l’associazione sembra naturale. Eppure, nonostante ciò, i pipistrelli furono associati ai vampiri per la prima volta nel 1897 con la pubblicazione di “Dracula” dell’autore irlandese Bram Stoker. Forse egli fu ispirato dai racconti del Nuovo Mondo riguardanti i pipistrelli vampiro (come il Desmodus rotundus) e la divinità Maya dell’oltretomba e dell’oscurità Camazotz, rappresentata con corpo umano e con testa e ali di pipistrello, a cui le popolazioni amerinde erano solite dedicare sacrifici.


Dunque impariamo ad apprezzare questi piccoli amici, che contribuiscono alla conservazione di habitat e tecniche di agricoltura, e garantiscono quindi la protezione di interi ecosistemi.


Bibliografia:

  • Amori G., Battisti C., De Felici S. (a cura di), 2009. I Mammiferi della Provincia di Roma. Dallo stato delle conoscenze alla gestione e conservazione delle specie. Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche dell’Agricoltura, Stilgrafica, Roma. 347 pp.

  • Capizzi D., Mortelliti A., Amori G., Colangelo P., Rondinini C. (a cura di), 2012. I Mammiferi del Lazio. Distribuzione, ecologia e conservazione. Edizioni ARP, Roma. 251 pp.

  • Dietz C., Kiefer A., 2015. Pipistrelli d'Europa. Conoscerli, identificarli, tutelarli. Ricca editore. 399 pp.

  • Garzoli L., Riccucci M., Patriarca E., Debernardi P., Boggero A., Pecoraro L., Picco A. M., 2019. First isolation of Pseudogymnoascus destructans, the fungal causative agent of white-nose disease, in bats from Italy. Mycopathologia, 184(5), 637-644.

  • https://batwatch.ca/content/bat-myths

  • https://www.batcon.org/article/bats-and-vampires/

  • https://www.oipa.org/italia/leggende-pipistrello/

  • https://www.usgs.gov/faqs/what-white-nose-syndrome

  • https://www.whitenosesyndrome.org/static-page/what-is-white-nose-syndrome

  • Lanza B. (a cura di), 2007. Fauna d’Italia vol. XLVII. Mammalia V: Chiroptera. Edizioni Calderini, Ravenna. 786 pp.

  • O'Shea T. J., Cryan P. M., Cunningham A. A., Fooks A. R., Hayman D. T., Luis A. D., Peel A. J., Plowright R. K., Wood J. L., 2014. Bat flight and zoonotic viruses. Emerging infectious diseases, 20(5), 741–745.

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Tutto quello che non si legge sugli articoli pubblicati in merito all’audizione congiunta delle commissioni ambiente e rifiuti della Regione Lazio a proposito del TMB dell’Inviolata e dell’area Stacchini


di Marco Giardini

Socio onorario ANVA


Panorama che si vede in zona Stacchini (foto di F. Cervoni)


Ho letto su vari siti internet diversi articoli relativi alle due audizioni congiunte delle Commissioni VIII - Agricoltura, ambiente e X - Urbanistica, politiche abitative e rifiuti della Regione Lazio che si sono svolte lo scorso 8 settembre, nei quali nessuno si è degnato minimamente di scrivere qualcosa in merito agli aspetti naturalistici da me riferiti sulle due aree in questione, quella dell’Inviolata per quanto riguarda il TMB e quella della ZSC IT6030033 “Travertini Acque Albule (Bagni di Tivoli)” per la questione Stacchini, aspetti evidentemente fondamentali, trattandosi di due aree naturali protette. Ritenendo di avere titolo sufficiente per farlo, e certo di non aver detto enormi stupidaggini, provvederò io stesso ad illustrarli pubblicamente ma, prima di iniziare, vorrei complimentarmi con i giornalisti che hanno scritto sull’audizione per la qualità, l’imparzialità e la completezza delle informazioni riportate nei loro articoli…

Iniziamo dall’Inviolata, Parco Naturale Archeologico Regionale istituito nel 1996 (L.R. 22/96). Area di eccezionale valore paesaggistico, naturalistico, storico e archeologico purtroppo deturpata, anche a livello di immagine, dalla presenza di una delle più grandi discariche del Lazio, dal 2014 fortunatamente non più attiva, che ha fatto sì che per molti anni la popolazione sentisse parlare di quest’area, di fatto, solo per la discarica e il TMB e non per le sue, pur notevoli, ricchezze. Questo anche perché la gestione di quest’area protetta non è stata mai avviata dal Comune di Guidonia Montecelio, ente gestore designato dalla Regione Lazio. Per ben 20 anni l’attenzione sull’area protetta è stata tenuta viva, con grande fatica e dispendio di tempo e denaro, solo dalle associazioni ambientaliste e culturali del territorio e, in particolare, dall’Associazione culturale ambientalista onlus “Amici dell’Inviolata”, che si è impegnata per migliorare la conoscenza dei valori del Parco con studi e ricerche, a valorizzare l’area protetta mediante attività nelle scuole, iniziative di carattere sportivo, convegni e pubblicazioni, e a combattere gli abusi e i continui attacchi a cui l’area è stata sottoposta negli anni, sostituendosi, di fatto, agli enti pubblici. Soltanto nel 2016, sempre su sollecitazione dell’Associazione “Amici dell’Inviolata”, la Regione Lazio ha assegnato in gestione l’area protetta al Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili (L.R. 64/16), che ha finalmente sbloccato una situazione che sembrava ormai essersi fossilizzata. In questi anni il Parco dei Lucretili ha fatto molto per l’avvio dell’area protetta (logo, piano di gestione, piano socio-economico) e si apprestava, già alla fine dello scorso anno, a realizzare la tabellazione perimetrale che, tuttavia, non è ancora stata realizzata.

Per il suo elevato valore paesaggistico l’area del Parco, insieme a quella di alcune altre vaste tenute agricole (Tor Mastorta, Pilo Rotto, Inviolata, Tor dei Sordi, Castell’Arcione e altre) rimaste scarsamente interessate da fenomeni recenti di urbanizzazione, è stata dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. del 16 settembre 2016. Si legge sul sito del Ministero dei Beni Culturali che l’area appare composta da un insieme particolarmente armonico di elementi agricoli e naturali, e conserva al suo interno interessanti esempi di insediamenti agricoli tipici della Campagna Romana, inscindibilmente coniugati con numerosissime preesistenze architettoniche (castelli, torri) e archeologiche di grande rilevanza storico-artistica, che testimoniano l'antica vocazione rurale di questi luoghi, rimasta pressoché inalterata sino ai nostri giorni.

Ma l’area conserva inoltre un’enorme ricchezza naturalistica. I primi studi, del tutto preliminari, da me svolti nella seconda metà degli anni ’90, confermarono che si trattava di un’area di notevole interesse dal punto di vista botanico e zoologico. I risultati di questi studi furono pubblicati in un volume edito nel 2005, ancora una volta, dall’Ass. “Amici dell’Inviolata”. In tempi più recenti (2016-2018) l’area è stata oggetto di studi sulla biodiversità da parte della Società Romana di Scienze Naturali, che hanno evidenziato la presenza di specie rare e di grande interesse conservazionistico e portato alla realizzazione di un certo numero di lavori scientifici e divulgativi. Solo per dare qualche numero questi studi hanno portato all’individuazione di quasi 180 specie di vertebrati, di oltre 500 specie di insetti, di quasi 500 specie di piante. Tra queste si annoverano specie rare nel Lazio, specie protette (da norme regionali, nazionali e comunitarie) e/o di grande interesse conservazionistico. Gli studi naturalistici sul Parco e aree limitrofe sono ancora in corso da parte dell’ANVA (Ass. Naturalistica Valle dell’Aniene), che ha già portato ad oltre mille le specie animali censite e che continua a fare interessanti osservazioni su un’area che non finisce mai di sorprendere.

È evidente, alla luce di tutto ciò, che l’avvio del TMB all’Inviolata sia incompatibile e improponibile se si vogliono davvero conservare i valori per cui l’area protetta è stata istituita e per i quali questa ed altre aree sono state dichiarate di notevole interesse pubblico (e vorrei ribadire pubblico, cioè NON privato).

Il falco pellegrino (Falco peregrinus) è un assiduo frequentatore dell'Inviolata (foto di C. Grispigni Manetti)


E veniamo ai travertini, area, di grande sensibilità geologica (è una delle tre aree individuate dalla Regione Lazio come "aree a rischio sinkhole"), devastata dal più totale caos urbanistico. Malgrado tutto è riuscita a conservare ancora, almeno in parte, gli eccezionali valori naturalistici (oltre che storici e archeologici) di cui è dotata. Su quest’area, ed in particolare su ciò che si è riusciti a tutelare di quest’area, cioè la ZSC precedentemente citata, si sentono spesso affermazioni talvolta assurde e ridicole. Davvero singolare il fatto che certe affermazioni vengono diffuse addirittura dallo stesso Comune di Tivoli, e questo è un po’ più grave, perché gli amministratori dovrebbero avere un’idea di cosa si stia parlando, tanto da far pensare (per assurdo…) che certe affermazioni vengano fatte solo allo scopo di sminuirne l’importanza agli occhi della popolazione. Solo per fare un esempio si legge spesso che la ZSC sarebbe stata istituita per via della presenza di un "lichene raro". Provate a fare una ricerca in internet usando questi termini: Stacchini lichene raro. Vi accorgerete che questa storiella circola da almeno un paio di anni, da quando cioè ha preso il via la proposta di “riqualificazione” (mediante cementificazione grazie ad un progetto presentato da privati) dell’area Stacchini, compresa in parte all’interno della ZSC (che, ricordo, è un’area protetta europea, facente parte della rete europea di aree protette “Natura 2000”). La proposta è stata fortemente difesa, nell’audizione in Regione, dall’assessora all’AMBIENTE (!) del Comune di Tivoli. La fanfaluca del lichene raro è stata poi ovviamente ripresa da giornali, siti internet e gruppi Facebook, per cui oggi, tutti sono convinti che la barzelletta del lichene raro sia vera. Ma dopo la prima mezza risata (perché anche come barzelletta non fa molto ridere…) vediamo come stanno veramente le cose.

La ZSC in questione è stata istituita per via della presenza di ben 4 diversi habitat oggetto di tutela dalla Direttiva 92/43/CEE (cosiddetta Direttiva Habitat). Ho detto 4 habitat, dove habitat sta a significare non un lichene, ma un intero, particolare, ambiente, con licheni, piante e, di conseguenza, animali, suolo, acqua, aria… Parliamo cioè di interi ecosisteminon di un lichene… (anche perché studi mirati al censimento delle specie di licheni non sono mai stati svolti, per cui non possiamo sapere se nella ZSC esiste effettivamente una specie rara di lichene).

Non solo, ma i quattro habitat in oggetto sono tutti PRIORITARI! Cioè di particolare rarità e interesse, e quindi oggetto di tutela prioritariamente rispetto ad altri habitat, comunque tutelati dalla stessa direttiva. Per chi volesse approfondire (internet, a chi sa ben leggere, offre davvero tante informazioni…), gli habitat della ZSC dei travertini sono i seguenti:

  • 6110*: Formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell'Alysso-Sedion albi

  • 6220*: Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

  • 7210*: Paludi calcaree con Cladium mariscus e specie del Caricion davallianae

  • 7220*: Sorgenti pietrificanti con formazione di travertino (Cratoneurion)

Quindi, spero sia chiaro, non si tratta affatto di un lichene raro… Quest’area è stata oggetto di attenzione e di studi da parte di scienziati, artisti, docenti, scuole, associazioni, comitati, per tempi lunghissimi. Pensate che nel ‘700 ai turisti del Grand Tour che da Roma si recavano a Tivoli la gente del luogo vendeva quelli che erano comunemente chiamati “confetti di Tivoli”, che non erano altro che foglie di alcuni arbusti presenti nell’area incrostate di travertino che si depositava dalle acque sulfuree, prodotti cioè negli ambienti del Cratoneurion appunto, uno degli habitat per cui la ZSC è stata designata! Nei “Principi di geologia” di Charles Lyell (1830), che segnano la nascita della moderna geologia e che Darwin portò con sé nel suo celeberrimo giro intorno al mondo, si parla abbondantemente dei travertini di Tivoli… Ma veniamo a tempi più recenti. L’elevato valore botanico dei travertini è stato messo in piena evidenza nel 1947 dal botanico guidoniano Giuliano Montelucci, tra i più noti botanici italiani del ‘900, che per primo ne richiese la tutela. Nel 1971 l’area compare nell’elenco del “Censimento dei biotopi di rilevante interesse vegetazionale meritevoli di conservazione in Italia” pubblicato dalla Società Botanica Italiana e in un secondo elenco di aree da tutelare pubblicato da CNR e Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1973 (prima legislatura della Regione Lazio) fu presentata una proposta di legge per l’istituzione di 4 aree protette, tra le quali quella dei travertini. Nel 1982 l'area, indicata con il nome "Sorgenti Albule e Platea dei Tartari" è inclusa in uno studio della Comunità Europea finalizzato alla mappatura dei biotopi di particolare importanza per la conservazione della natura in Europa (Biotopes of signifiance for nature conservation). Nel 1992 viene emanata la Direttiva Habitat e nel 1995 l’Italia invia all’Unione Europea l’elenco dei Siti di Importanza Comunitaria proposti (SICp), tra i quali l’area dei travertini. Negli anni successivi il lavoro di studio, conoscenza, valorizzazione, tutela dell’area iniziato da Montelucci è stato continuato da altri, me compreso, con l’appoggio di molte associazioni ambientaliste e culturali del territorio. Risale al 1999 la mia prima segnalazione sul degrado proprio dell’area Stacchini, nella quale si faceva senza particolari problemi motocross e sulla quale, già da allora, si gettavano tranquillamente rifiuti, che non erano certamente i nomadi a portare, ce ne erano già molti allora (e molti altri ne sono arrivati dopo). Io stesso, in un convegno organizzato nel 2000 al Liceo Majorana di Guidonia mostrai le foto del degrado, che furono poi pubblicate nel 2002 anche negli atti del convegno, da me curato. Il degrado, quindi, è iniziato ben prima dell’arrivo tanto sbandierato dei ROM, che di certo ha comunque fortemente peggiorato la situazione. Grandissime responsabilità ha certamente avuto, in questo, la Soc. Stacchini, proprietaria dell’area, ma dal 1995, quando l’area è stata individuata come SICp, la responsabilità di mantenere in buono stato gli habitat che l’area conservava era anche degli enti pubblici preposti… Insieme a varie associazioni e comitati nel 2006 è stata presentata alla Regione Lazio la proposta di istituzione di ben 4 monumenti naturali nell’area dei travertini e, per far conoscere i valori per cui chiedevamo la tutela più stringente di quelle aree, pubblicammo un libro riccamente illustrato nel 2007. Numerose, anche negli anni successivi, le iniziative da noi effettuate volte alla conoscenza e alla valorizzazione dell’area, non mi metterò a farne l’elenco… Voglio però ricordare il contributo importante della Provincia di Roma, che produsse nel 2006 il Piano di gestione dell’area, del quale si occupò la Dott.ssa Anna Guidi, per chiudere poi, finalmente, con la designazione della ZSC nel maggio 2019.

Ophrys bertolonii (a sinistra) e Anacamptis coriophora (a destra), due delle decine di Orchidee spontanee presenti nella ZSC Travertini (foto di F. Cervoni)


Altra amenità che spesso viene riportata è che quest’area sarebbe ormai troppo degradata e quindi non meriti più di essere tutelata. Non c’è dubbio che si tratti di un’area degradata, ma gli habitat sono certamente presenti, e dove non lo sono più per la presenza di sentieri e immondizia potranno ricostituirsi in brevissimo tempo una volta bonificata l’area, considerato che gran parte delle specie che formano questi habitat è costituita da specie annuali di piccolissime dimensioni. Ricordo inoltre che la Direttiva Habitat (art. 3) impone non soltanto il mantenimento degli habitat ma, ove necessario, il loro ripristino. Perciò, ciò che va veramente fatto, è la bonifica dell’area. Incredibile che si voglia favorire un progetto privato e la cementificazione di ettari di una ZSC motivando il tutto con la necessità di bonificarla: la si bonifichi e basta! Ed è questo, e solo questo, il vero interesse pubblico… Ma non basta, bisogna anche dire che, oltre al vincolo legato alla presenza della ZSC, le aree all’interno dell’area protetta coperte da vegetazione legnosa, costituita per lo più da sclerofille sempreverdi mediterranee, sono a tutti gli effetti aree boscate e, in quanto tali, vincolate. La presenza delle aree boscate, inoltre, comporta automaticamente la presenza del vincolo paesaggistico.

Insomma, per concludere, spero sia chiaro perché quest’area debba essere tutelata. Nei 72 anni che intercorrono tra la pubblicazione nel 1947 del lavoro di Montelucci alla designazione nel 2019 della ZSC, nel corso dei quali la piana delle Acque Albule è stata letteralmente devastata, decine e decine di persone di cultura, ricercatori, scienziati, storici, archeologi, enti pubblici, associazioni e comitati si sono occupati della tutela e della valorizzazione di quest’area cercando di far conoscere i valori eccezionali che essa conserva, valori che molti degli stessi abitanti, ma solo per la non conoscenza di questi argomenti e ancor più per la cattiva informazione fornita loro, sembrano, incredibilmente, decisi a voler distruggere…


11.09.2020, Sant'Angelo Romano

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